MAROCCO

Odori intensi di incenso, spezie e vita, colori accesi di stoffe e tappeti che contrastano con il bianco delle case, il richiamo alla preghiera del muezin che irrompe nel frastuono delle medine: benvenuti in Marocco.

Per decenni sotto il protettorato francese, il Marocco è una terra di contrasti: accanto agli insediamenti medievali, costituiti da intricati labirinti di viuzze e piazzette anguste puntellate da minareti, si trovano le Ville Nouvelle, i quartieri nuovi costruiti dai francesi, con ampi boulevard e case residenziali.
Per questa volta mi sono affidata ad un viaggio organizzato, un po’ per problemi linguistici, un po’ per comodità negli spostamenti e un po’ per differenze culturali (qui il link al tour che ho scelto).

DAY 1
Il primo approccio con il Marocco è la città di Casablanca (dove sono atterrata la sera precedente). Sicuramente non ha il fascino delle altre città simbolo del paese, ma è il cuore economico della nazione: lo si percepisce dagli uomini d’affari che si affrettano con la loro ventiquattr’ore, dai grandi alberghi e dallo sviluppo urbanistico che sta vivendo. Pochi sono i luoghi d’interesse turistico ma colpisce l’atmosfera che si respira nei suoi quartieri, grazie anche al mito del film “Casablanca”.
TIP
Dovete sapere che nemmeno una scena del film “Casablanca” è stata girata qui, ma la città e l’ambiente cosmopolita che vi regnava durante la guerra, erano stati riprodotti alla perfezione, diventando il primo approccio visivo alla vita nel Maghreb per molti occidentali. L’emblema è il Rick’s Cafè, locale che lambisce l’Ancienne Medina della città: qui si sorseggia un caffè sulle note di “As time goes by”.

L’area del centro conserva palazzi in stile moresco, una corrente architettonica sviluppatasi tra gli anni Venti e Trenta, che unisce lo stile coloniale francese all’architettura tradizionale marocchina. Place Mohammed V è il fulcro della zona: la incorniciano edifici pubblici con influenze art decó e art nouveau, come la vecchia stazione di polizia degli anni Trenta, il Palazzo di Giustizia del 1925 e, poco più in là, la Posta Centrale (1918-1920) e la Banque al-Maghrib. È in costruzione il maestoso Théâtre de Casablanca, progettato dal francese de Portzamparc. Il quartiere antico di Casablanca, l’Ancienne Médina, è formato da edifici risalenti al XIX secolo, niente a che vedere con le medine medievali delle altre città marocchine. I punti principali di accesso sono la porta di Bab Marrakech e la porta accanto alla Torre dell’Orologio, simbolo della città. Quest’ultima è una ricostruzione degli anni Novanta, che riproduce l’originale del 1911, distrutta nel 1950 per le pessime condizioni in cui versava. Nella zona vicina al porto, si può vedere quanto rimane delle fortificazioni della città, risalenti al XVIII secolo. Una passeggiata tra i suoi vicoli, le piccole piazze alberate e una sosta nei suoi cafè è d’obbligo prima di arrivare alla Moschea di Hassan II

Moschea Hassan II, Casablanca
Foto di Martina
In posizione dominante sull’oceano Atlantico, il complesso fu voluto dal re Hassan II per celebrare il suo sessantesimo compleanno. In parte finanziata da una sottoscrizione pubblica, è considerata la terza moschea al mondo per dimensioni dopo quelle della Mecca e di Medina, e può ospitare 25.000 fedeli. Oltre 6000 artigiani hanno scolpito le preziose decorazioni della sala della preghiera, in legno di cedro e granito rosa di Agadir, mentre le fontane a forma di loto per le abluzioni al piano interrato sono scolpite nel marmo locale.


TIP
Per poter visitare la moschea è necessario avere un abbigliamento decoroso, con ginocchia e braccia coperte, ma per le donne non è necessario indossare il velo. Il biglietto d’ingresso è di 120 dh, circa 11€.

Il quartiere Habous (o Nouvelle Médina) è una versione idealizzata di una medina tradizionale, costruito dai francesi negli anni Trenta con standard occidentali, per ospitare i primi immigrati provenienti dalle campagne negli anni Venti. Qui sorge anche il Palazzo Reale, chiuso al pubblico, ma del quale si può ammirare il magnifico portale d’ingresso. 
TIP
Il Marocco è una monarchia costituzionale e il re ha un palazzo in ogni città principale della nazione.

Per pranzo ci si può spostare sul lungomare, nel quartiere Anfa, ad ovest del centro. È un susseguirsi di club sulla spiaggia, hotel di lusso e ristoranti eleganti: non perdetevi il pesce fritto, è una specialità e, soprattutto, una bontà!

Un tragitto di circa un’ora in pullman e arrivo a Rabat, capitale del Marocco. Anche questa città, come Casablanca, non è inserita spesso negli itinerari turistici ma ha monumenti da vedere e quartieri caratteristici da esplorare. Il nome deriva dal ribat, il monastero-fortezza che i berberi crearono come nucleo fondante del loro regno indipendente.

Tour Hassan, Rabat
Foto di Martina
Il simbolo di Rabat è la Tour Hassan, che svetta con i suoi 44 metri d’altezza, sull’estuario del Bou Regreg. Il sultano al-Mansour voleva costruire la seconda moschea più grande al mondo ma morí prima che i lavori fossero terminati; di quel grandioso progetto rimangono la Tour Hassan e una selva di colonne dirute, a causa del terremoto che colpí Lisbona nel 1755, le cui conseguenze hanno avuto ripercussioni fino in Marocco. Di fronte, sorge il mausoleo di Mohammed V, in marmo decorato con stucchi e zellij. Il nonno e il padre dell’attuale re riposano qui: le loro tombe si possono vedere da una galleria soprastante. Il cuore storico di Rabat è la kasbah les Oudaias, che occupa il sito dove sorse il ribat da cui la città ha preso il nome. La gigantesca porta almohade Bab Oudaia, eretta nel 1195, costituisce l’ingresso più spettacolare e sfoggia una serie di arcate con complesse decorazioni. All’interno, i Giardini Andalusi sono un’oasi molto amata per rifugiarsi dalla calura estiva. Dopo aver fatto un giro tra i vicoli imbiancati di calce e colorati di blu, un bicchiere di tè alla menta al suggestivo Cafè Maure è tappa obbligatoria. Il panorama spazia dall’estuario del fiume fino alla vicina Salé.
•Il posto è incantevole ma state attenti quando i “camerieri” vi fanno il conto: capita che possano gonfiare i prezzi per fregarvi qualche dirham, occhio!

Vicoli della kasbah, Rabat
Foto di L. Frabotta


Il sole tramonta e riflette i suoi colori rossastri sulle acque del Bau Regreg e sui muri bianchi delle case: torno in albergo per cena assaporando già la giornata di domani!

DAY 2
La sveglia suona presto: prima di raggiungere nel tardo pomeriggio Fes, andrò a vedere Volubilis, il sito archeologico meglio conservatosi in Marocco (Patrimonio UNESCO dal 1997) e visiterò Meknes, altra città imperiale che deve i suoi fasti al sultano Moulay Ismail.
Arrivo a Volubilis in circa tre ore di pullman: la città venne fondata nel corso del III secolo a.C. da mercanti cartaginesi. Nel 40 d.C. venne conquistata dai Romani e divenne uno dei luoghi più remoti dell’impero. Il sito si estende su oltre 40 ettari ma è stato riportato alla luce solo per metà. Nel piccolo museo, subito dopo l’ingresso, sono esposti gli oggetti rinvenuti nel corso degli scavi. Passeggiando nel sito, si ammirano il campidoglio, la basilica, il foro e l’arco di trionfo. Eretto in marmo nel 217 in onore di Caracalla e della madre Giulia Domna, venne ricostruito negli anni Trenta. Lungo il Decumanus Maximus, uno degli assi principali dell’antica città, si dispongono ricche domus, decorate con mosaici che sono il valore aggiunto alla visita (ingresso 10 dh, l’equivalente di 1€!).

Volubilis
Foto di Martina

Meknes dista solo 30 km: prima di raggiungerla, spicca la cittadina di Moulay Idriss, una delle principali mete di pellegrinaggio del paese, il cui profilo a forma di dromedario è inconfondibile. Questa prende il nome dal santo più venerato di tutto il Marocco, pronipote di Maometto, primo capo islamico e fondatore della prima dinastia reale marocchina: la sua tomba è nel cuore del paesino. In mezz’ora sono a Meknes che, per l’estrema vicinanza con Fes, è messa in ombra e non valorizzata quanto dovrebbe, pur vantando un passato da città imperiale. Il cuore della Medina, il quartiere antico, è Place el-Hedim; qui, in precedenza, sorgeva una kasbah ma, una volta eretta la porta monumentale Bab el-Mansour, la più imponente tra tutte le porte imperiali del Marocco, il re ordinò di farla demolire per costruire un’ampia piazza e poter ammirare il portale in tutta la sua magnificenza. La piazza ha molti punti in comune con la più grande Jemaa el-Fna di Marrakech: è un brulicare di ogni tipo di attività, dalle bancarelle, ai giochi dei bambini, agli intrattenimenti musicali. Da qui si può fare un giro nel mercato coperto, dove sono esposte piramidi di datteri, olive, noci e dolcetti; ai più sensibili, consiglio di evitare la parte delle “macellerie”, dove si ammassano le carcasse degli animali e l’odore è molto forte e penetrante!

Complesso di Heri es-Souani, Meknes
Foto di Martina
Un pó distanti dal cuore pulsante di Meknes, i giganteschi granai di Heri es-Souani meritano una visita: i locali erano mantenuti sempre freschi grazie alle pareti massicce e ad un sistema di canali sotterranei. Le stalle annesse potevano ospitare oltre 12.000 cavalli: le file erano disposte in modo che gli stallieri avessero la massima visibilità dei loro destrieri in un’area molto vasta. Oggi sono prive del tetto, crollato durante un terremoto nel XVIII secolo.



La giornata è stata molto intensa: non rimane che raggiungere l’albergo di Fes per una cenetta e un bel sonno ristoratore!

DAY 3
Fes la spirituale: questo è l’appellativo che i marocchini usano per il più antico centro di formazione di studiosi, imam e artigiani; è da qui che provengono gli alti dirigenti del paese. Capitale per lungo tempo, il Palazzo Reale presenta dei mastodontici portali in ottone, decorati da raffinate zellij ed elementi lignei di cedro intagliato: provate a toccare i battenti e vi renderete conto di quanto siano alti! Prima di raggiungere la medina, croce e delizia di questa città, giro per il mellah, il quartiere ebraico, fondato a partire dal XIV secolo: la particolarità delle case è data dai balconi che danno sulla strada, usati in passato dalle donne per guardare il via vai delle strade. Ormai sono arrivata ad uno degli ingressi del centro storico, la medina antica: c’è un qualcosa di particolare in queste stradine anguste e tortuose, in queste case fatiscenti, nelle fontane mosaicate che sorvegliano i crocevia, se ancora oggi 70.000 persone vi abitano, rendendola la zona urbana pedonale più vasta al mondo.

Veduta della medina, Fes
Foto di Martina
L’ingresso principale è Bab Bou Jeloud, una porta aggiunta nel 1913: una volta varcata, sarete presi nel turbinio della folla, ma fate attenzione a non esserne travolti! La mancanza dei nomi delle strade, il susseguirsi di scenari molto simili e la quantità incredibile di persone, rendono muoversi in questo dedalo molto difficile se non si è accompagnati da qualcuno del posto! Rivolgendovi alla hall dell’albergo, potrete ingaggiare una guida specializzata (compenso tra 300 e 500 dh per la giornata): ve lo consiglio, io senza Idriss non mi sarei goduta le bellezze del quartiere e, soprattutto, mi sarei persa! 
Passando per il mercato alimentare (tappatevi il naso!), si raggiunge la Medersa Bou Inania, la scuola coranica più bella di Fes. Costruita tra il 1351 e il 1357, è decorata da zellij, da raffinati stucchi e da grate in legno di cedro e porte in ottone. Al suo interno è racchiusa una moschea dal minareto rivestito di piastrelle verdi. Di fronte al suo ingresso, si intravede l’orologio ad acqua, al-Magana, risalente al XIV secolo e progettato da un esperto in pratiche magiche. Travi scolpite sostenevano ciotole in ottone dove vi scorreva acqua per segnare le ore: purtroppo, il funzionamento del meccanismo è morto con il suo ideatore. La medina è puntellata da funduq, edifici che, in un tempo passato, ospitavano i mercanti con le loro carovane: disposte intorno ad un cortile centrale, le camere sono articolate su più livelli.

Lavorazione delle pelli, Fes
Foto di Martina
 
Ci si comincia ad addentrare nei quartieri degli artigiani: incontro quello delle calzature e dei conciatori (l’odore è inconfondibile!). Per poter dare un’occhiata alle vasche e al processo produttivo del pellame, non esitate ad entrare in uno dei negozi che si aprono lungo le mura: tutti hanno una terrazza dalla quale godere della vista completa, senza essere presi alla gola dall’odore troppo forte di tinture, pelli, animali e quant’altro. È poi la volta di attraversare il souq dell’henné, con bancarelle di prodotti cosmetici, e quello dei carpentieri per giungere al complesso della moschea Kairaouine e dell’Università, la più antica del mondo, fondata nel IX secolo. L’accesso è interdetto ai non musulmani: mi devo accontentare di una semplice sbirciatina al cortile!È la volta di proseguire verso Place as-Seffarine, la piazza degli artigiani che lavorano l’ottone, per concludere il giro nel mercato di R’cif, famoso per la freschezza dei suoi prodotti. 
Ho camminato più di 5 km all’interno delle medina: posso dire che non ha più segreti per me!
TIP
Negli ultimi anni è in corso una lenta ristrutturazione della medina: molti stranieri hanno acquistato le vecchie case dei fassini, ben contenti di abbandonare condizioni di vita arcaiche per le comodità di appartamenti nella Ville Nouvelle. I riad (case con cortile) sono stati i primi ad essere stati oggetto di trasformazione in alberghi e ristoranti; ora, anche i fonduq (caravanserragli) e i souq stanno affrontando questo processo di modernizzazione. 

Il dedalo di vie percorse, la particolarità degli edifici visti, gli odori forti, gli artigiani a lavoro nelle loro botteghe, il sonnellino all’ombra della propria mercanzia: tante cose oggi sono passate davanti ai miei occhi, lontanissime dal mondo in cui vivo e, per questo, meritano del tempo per essere assimilate e capite. Il pullman passa a prendermi per riportarmi in albergo, coccolata dai comfort occidentali. Ceno e cerco di andare a letto presto: domani mi aspettano 500 km per raggiungere Marrakech!

DAY 4
Da Fes, andando verso sud, si raggiunge Marrakech attraversando i monti del Medio Atlante. Lo scenario che si delinea è, dapprima, quello verdeggiante delle foreste di cedro e querce che sfuma in distese aride e spoglie, avamposti del deserto. I chilometri sono molti ma il desiderio di giungere nella “città rossa” è tale da farli dimenticare. Una prima sosta è nella cittadina di Ifrane: attraversandola, non sembra di essere in Marocco! Le casette dai tetti rossi, il verde urbano, i viali con le aiuole fiorite richiamano centri di villeggiatura alpini. E proprio questo era l’intento dei francesi che la costruirono negli anni Trenta: l’aria piacevolmente fresca e l’altitudine (ca 1600 m) la rendono la meta agognata dai marocchini nelle torride estati. Simbolo della cittadina é la statua in pietra di un leone, scolpita da un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale, che commemora l’uccisione dell’ultimo leone selvatico dell’Atlante, nei pressi di Ifrane, avvenuta negli anni Venti. Se avete tempo, fate una bella passeggiata/escursione nel parco nazionale che circonda la zona urbana: sarete ritemprati!
Bando alle ciance, si riprende il pullman: la sosta successiva è per il pranzo, nella cittadina di Beni Mellal, per poi macinare gli ultimi chilometri tutti d’un fiato: entro a Marrakech da un bellissimo viale fiancheggiato da palme e già incomincia l’innamoramento. 

Piazza Jemaa el-Fna, Marrakech
Foto di Martina
Una rapida sistemata in albergo, cena e poi taxi alla volta di Jemaa el-Fna, la piazza simbolo della città, dichiarata dall’UNESCO capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità per l’halqa, il teatro di strada che vi si svolge da metà mattina a sera inoltrata.
TIP
Se vi volete muovere con i taxi, è bene contrattare con il tassista la tariffa prima di salire sull’auto: state sicuri che il tassametro non lo attiverà!

La Place”, come tutti la chiamano, è sconfinata: dalle foto che avevo visto, non me la sarei immaginata tanto grande! Il cuore é occupato da una distesa infinita di bancarelle gastronomiche, dove i cuochi cucinano i piatti sul momento, dilettando il palato degli avventori, seduti in tavolate che ricordano le sagre nostrane. Tutt’intorno, si assiste ai più svariati spettacoli: musicisti berberi suonano accanto a clown e trampolieri; ragazze ballano la danza del ventre accanto ad astrologi e chiromanti; non mancano quelli che tentano di metterti sulla spalla delle scimmiette ammaestrate per la classica foto da turista. L’atmosfera che si respira è difficilmente descrivibile: è fatta di suoni, luci, colori e odori ma anche dello stato d’animo con cui la si vive. Perché non cambiare prospettiva e guardarla dall’alto? La Place è circondata da locali e cafè con terrazze panoramiche: scelgo “Le Grand Balcon Cafè Glacier”, dal quale lo sguardo abbraccia l’immensità di questa piazza. Appena mi affaccio uno “wow” mi è sfuggito! Che sia bevendo una tazza di tè alla menta (bevanda nazionale), di caffè o sorseggiando una bibita, lasciate che Jemaa el-Fna vi racconti la sua storia millenaria.

DAY 5
La giornata è interamente dedicata alla visita della “città allegra”, come la chiamano i marocchini. Colazione e via, in direzione Giardini Menara.

Giardini Menara, Marrakech
Foto di L. Frabotta
Voluti dal sultano almohade Abd al-Ali ibn Mu'min, sono considerati una delle più antiche aree verdi organizzate dell'Occidente musulmano. Nel 1157, infatti, il sultano, di ritorno dalla città di Salè, decise di piantare un enorme frutteto recintato e dotato di un ampio bacino dove conservare l’acqua destinata all’irrigazione. Con le successive dinastie, i giardini subiscono alcune modifiche: la dinastia saadiana li trasforma nel proprio parco personale, mentre gli Alawiti vi erigono un padiglione dotato di un’ampia balconata, per favorire il riposo dopo le lunghe passeggiate. Oggi sono un luogo di refrigerio durante le giornate più afose e un’oasi di tranquillità, lontani come sono dal caos della medina.
Seconda tappa è il Palais de la Bahia, il sontuoso palazzo iniziato dal gran visir Si Moussa intorno al 1860 e ulteriormente arricchito dallo schiavo divenuto visir Abu Bou Ahmed, tra il 1894 e il 1900.

Palais de la Bahia, Marrakech
Foto di Martina
Il nome (bahia significa “la bella”) del palazzo è rispecchiato in pieno dalla magnificenza delle decorazioni: soffitti intarsiati e in legno dipinto, cortili pavimentati in marmo di Carrara e decorati con mosaici dai colori accesi, vetrate colorate. Il palais si estende su più di otto ettari e conta oltre 150 sale, ma solo parte della sua estensione è oggi visitabile: il petit riad, il grand riad, la corte d’onore, la sala del consiglio e l’harem.
Uscita da questa meraviglia per gli occhi, mi avvicino a quello che è uno dei simboli della “città rossa”: la moschea della Koutoubia. La leggenda locale narra che l’originaria moschea non fosse perfettamente allineata con La Mecca e che, per questo motivo, venne rasa al suolo dai devoti Almohadi che ne eressero una conforme ai precetti del Corano. La moschea e il minareto che si ammirano oggi risalgono al XII secolo: il quel periodo la zona era il luogo di ritrovo di centinaia di librai, kutubiyyin, e da ciò deriva il suo nome. Il minareto, alto 70 metri, venne preso a modello per la Giralda di Siviglia e per la Tour Hassan di Rabat.

Moschea della Koutoubia, Marrakech
Foto di Martina
Da qui, mi rimmergo nell’affascinante spettacolo di piazza Jemaa el-Fna: di giorno, le bancarelle dello street food cedono il posto agli incantatori di serpenti e al suono dei loro flauti, alle signore che propongono tatuaggi all’hennè, agli anziani che suonano il violino. Non mi stancherei mai di scrutarne ogni angolo per scoprire altri intrattenimenti da cui farmi incuriosire! Da qui si entra nella medina e nei diversi souq, dove è facile perdersi tra le bancarelle di souvenir e di oggetti di artigianato. Qua e là, ci sono i funduq a ricordarci del passato di Marrakech come punto di sosta per le carovane di cammelli provenienti dal deserto. Nel Medioevo, questi complessi erano costituiti da diversi edifici, riuniti intorno ad un cortile interno, con stalle e botteghe al piano terra e camere da poter affittare al piano superiore. Ne sono sopravvissuti circa 140, molti trasformati in complessi artigianali, come il Funduq el-Amir su Rue Dar el-Bacha. Nell’intrico dei derb, i vicoli della medina, oggi si aprono musei privati che mirano a diffondere la cultura e la storia della città. Le Jardin Secret è uno di questi: l’antico riad apparteneva al capo locale U-Bihi, avvelenato da Mohammed IV. Passeggiate nel giardino esotico e nel giardino islamico, alimentato da un sistema di irrigazione sotterraneo; non perdetevi le mostre sulla storia del riad nel padiglione centrale; salite sulla torre per avere una visione meno caotica della medina e, infine, sedetevi al caffè per una buona tazza di tè: sarà uno dei modi migliori per immergervi nella realtà marocchina.
È tempo di rientrare in albergo per rilassarsi un pochino, prima della cena spettacolo che mi aspetta da Chez Ali. Il locale è un vero e proprio castello, ispirato alle atmosfere delle 1001 notte: a primo acchitto, può dare l’impressione di una trappola per turisti ma, superato il primo momento shock, devo dire che mi sono molto divertita! Sono stata accolta dai canti delle tribù berbere prima di prendere posto sotto delle tipiche tende marocchine per la cena: zuppa di legumi, agnello aromatizzato alla menta, cous cous di pollo e verdure. In un’arena allestita all’interno del complesso, ho assistito, poi, ad uno show di cavalli berberi e di razza araba, alle evoluzioni acrobatiche di fantini, sempre a dorso di cavallo, e alla danza del ventre: è stata una serata diversa, molto allegra, che si è conclusa andando ad esplorare la Grotta di Ali Babà e dei 40 ladroni (qui ricostruita)!

DAY 6
Non si può lasciare Marrakech senza aver passeggiato negli splendidi Jardin Majorelle, dono di Yves Saint Lauren alla città che lo aveva adottato. La villa, caratterizzata da un inconfondibile blu elettrico, e il giardino erano di proprietà del paesaggista Jacques Majorelle e vennero acquistati da Saint Lauren e dal compagno Pierre Bergè.

Jardin Majorelle, Marrakech
Foto di Martina
Il giardino ospita oltre 300 specie di piante provenienti dai cinque continenti; al suo interno, nello studio art decò di Majorelle, è ospitato il Musée Berbère che offre una panoramica sulla produzione artistica marocchina. Recentemente è stato inaugurato un nuovo museo, dedicato a Yves Saint Lauren, proprio accanto al Jardin Majorelle.
L’idea di lasciare Marrakech mi mette un po’ di tristezza, ma, fortunatamente, prima del trasferimento a Casablanca, ci dirigiamo verso la kasbah per visitare le Tombe dei Saaditi. Il sultano saudita Ahmed al-Mansour ed-Dahbi fece erigere la Sala delle Dodici Colonne in marmo di Carrara, con decorazioni in stucco a nido d’apertura in oro puro, per ospitare la sua salma, e la Sala delle Tre Nicchie per i suoi favoriti; relegò nelle tombe del giardino collaboratori e mogli. A pochi anni di distanza dalla sua morte, occorsa nel 1603, il sultano alawita Moulay Ismail fece sigillare le Tombe dei Saaditi, per sbarazzarsi della memoria dei predecessori. Oggi questo ricchissimo mausoleo è accessibile da un angusto passaggio situato nella Moschea della Kasbah.
È proprio giunto il momento di salutare questa città affascinante: un trasferimento di circa tre ore, in pullman, mi riporta a Casablanca.
Non si può sprecare l’ultima sera in Marocco rimanendo in albergo quindi, dopo cena, si esce per fumare il narghilè. Non è stato facile trovare un locale in centro dove lo si potesse fumare (affidatevi ai concierge!) ma, alla fine, trovo questo cafè, Kan Ya Makan, vicino al boulevard Mohammed Zerktouni. Superate le prime reticenze date dal “muro” di fumo in cui si entra, è un locale molto carino, dove si sorseggiano tè e caffè, tra una boccata di narghilè e l’altra.

DAY 7

La vacanza volge ormai al termine: all’ora del pranzo la navetta passerà a prendermi per andare in aeroporto. Non mi rimane che passeggiare sul lungo oceano (io, al massimo, passeggio sul lungotevere a Roma!) fino a raggiungere quanto rimane delle antiche fortificazioni di Casablanca, nella zona settentrionale della medina, prospiciente l’area del porto. 
Saluto la città e il Marocco con la splendida vista panoramica che si gode dal bastione sqala: au revoir!

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